Vale 28,1 miliardi di euro, fattura il 46,4% all’estero, occupa quasi 400 mila persone, guarda al futuro con cauto ottimismo e non “teme” al momento il passaggio all’elettrico.
È l’identikit dell’Aftermarket automobilistico, una filiera composta da una platea di quasi 29 mila imprese, prevalentemente a conduzione familiare, operanti nella produzione e nella vendita di ricambi di auto. Al Nord si concentra oltre il 70% del valore di questo comparto, trainato dalla Lombardia (28,6%). Per quest’anno, il 41% delle imprese del settore prevede una crescita del proprio fatturato e il 27% stima un aumento della forza lavoro. Pure la scadenza del primo gennaio 2035 per il completamento del passaggio all’elettrificazione del settore “automotive” in Europa non sembra, al momento, sconvolgere i modelli di business degli operatori dell’aftermarket.
Solo il 5% di queste imprese, infatti, si sta riconvertendo all’elettrico, anche perché, dopo l’inizio del 2035 le auto a motore endotermico potranno comunque continuare a circolare garantendo così agli operatori del settore lavoro per almeno un ulteriore decennio. Tuttavia, a destare preoccupazioni è soprattutto la concorrenza proveniente dai paesi emergenti, in particolare cinese, vista come il principale ostacolo alla crescita da parte del 37,7% delle imprese del settore.
È quanto emerge dalla ricerca “Il settore dell’Aftermarket dell’automotive...tra tradizione e innovazione” realizzata dal Centro Studi Tagliacarne, per conto della Camera di commercio di Modena, in collaborazione con la Camera di commercio di Torino e con il supporto di ANFIA e presentata oggi a Torino.